È stato il primo servizio domiciliare messo in piedi da OSA, nato a seguito dell’epidemia dell’HIV che alla metà degli anni Ottanta ha colpito il nostro Paese. Il Servizio di assistenza a domicilio per malati di AIDS rappresenta una pietra miliare non solo nella storia della Cooperativa, ma anche del trattamento di questa patologia.
L’anno di nascita ufficiale è il 1989. “In quel periodo i reparti di malattie infettive degli ospedali non erano pronti a far fronte alle richieste di chi era affetto da questa malattia – ci racconta Nicola Froio, Medico Responsabile del Servizio di assistenza a domicilio per malati di AIDS di OSA -. Questo fu uno dei motivi che portò alla creazione del servizio di assistenza a domicilio. Un altro fattore importante che portò all’avvio di questa esperienza fu, ovviamente, la volontà di permettere a queste persone di continuare a vivere nelle loro abitazioni, circondati dall’affetto dei loro cari”.
Quella di OSA nell’ambito del trattamento a domicilio dei malati di AIDS è stata dunque un’esperienza pionieristica. Basti pensare, infatti, che la legge che riconosce questo servizio (la numero 135) è del 1990. Per quanto riguarda il Lazio, invece, il primo atto normativo in materia è la delibera 7549 del 1992, con cui si istituiva il Centro di Coordinamento dei Trattamenti a Domicilio (CCTAD), che da allora, su segnalazione dei reparti di Malattie infettive dei vari ospedali, decide a chi affidare l’assistenza a domicilio di un paziente.
“All’inizio – racconta Nicola Froio – c’erano diverse realtà a fornire questo servizio: l’Umberto I, il Policlinico Gemelli, OSA, la Caritas, il Circolo Mario Mieli e anche lo Spallanzani. Con il passare degli anni, però, molti di questi soggetti hanno smesso di operare in questo ambito. Oggi la maggior parte dei pazienti di Roma e provincia vengono assistiti a domicilio dalla nostra Cooperativa e dalla Caritas”.
Nel Servizio domiciliare per pazienti con Infezione da HIV sono coinvolte più figure professionali: medici, infermieri e fisioterapisti. A questi si aggiungono gli autisti che trasportano in ospedale i campioni di sangue dei pazienti da analizzare, ritirano i farmaci (gli antiretrovirali possono essere erogati solo dai Centri specializzati) e i referti degli esami.
Le coordinatrici, che lavorano nella Centrale operativa, si occupano di tutta l’organizzazione del Servizio: grazie a questo lavoro di squadra, lo scorso anno sono stati assistiti nel territorio di Roma e provincia circa 160 pazienti e sono state erogate più di 17 mila prestazioni.
“Per quanto riguarda i pazienti la presa in carico è totale – dice Nicola Froio –. Tutto viene concordato insieme ai centri specializzati e all’assistito stesso. Di fondamentale importanza è la prima visita presso il domicilio dell’utente, a cui partecipano un medico ed un infermiere, che hanno il compito di valutare tutto quello che serve al paziente”.
Grazie alla sua lunga esperienza in questo servizio, Nicola Froio (che ha iniziato a collaborare con OSA nel 2001 e che è diventato responsabile del Servizio domiciliare nel 2004) ha avuto modo di vedere con i propri occhi come sia cambiata nel corso degli anni l’assistenza domiciliare alle persone con HIV. “All’inizio il servizio si concentrava principalmente sulla somministrazione di farmaci per via endovenosa e di sacche per la nutrizione parenterale. Oggi, invece, il carico di lavoro maggiore riguarda i prelievi e il controllo dell’aderenza del paziente alla terapia, che funziona solo se portata avanti con regolarità”.
Questo mutamento è andato di pari passo con quello della malattia e, di conseguenza, dei bisogni della persona presa in carico. “All’inizio avviare un percorso di assistenza a domicilio significava accompagnare una persona fino a fine vita. Oggi fortunatamente non è più così. Abbiamo pazienti in carico da 25 anni. La sopravvivenza è molto alta, tanto che fra le priorità dell’assistenza c’è quella di curare le coinfezioni e le malattie croniche correlate, come l’epatite B e C, il diabete, la lipodistrofia. Si tratta di un fenomeno che dieci anni fa sarebbe stato impensabile”.
Grazie alla terapia di combinazione e agli altri passi avanti della ricerca scientifica, infatti, il destino delle persone con HIV è radicalmente cambiato rispetto al passato. “Nel corso del mio percorso all’interno di OSA, e in particolare all’interno di questo Servizio – prosegue Froio –, ho avuto modo di vedere rinascere negli occhi dei miei assistiti la speranza di poter vincere questa malattia. È un’esperienza difficile da raccontare al pari del rapporto che si instaura fra operatore e assistito. All’Università, durante il corso di laurea in Medicina, ci insegnano che il coinvolgimento emotivo può far perdere lucidità. Nel mondo dell’assistenza domiciliare, però, è impossibile non essere coinvolti. Quando lavoravo allo Spallanzani non sono mai andato al funerale di un paziente. Da quando sono entrato nella realtà di OSA, invece, mi è capitato spesso perché mi sembra la giusta conclusione del rapporto che c’era con l’assistito e con i suoi familiari.”