Scrive il presidente Giuseppe Milanese sul nuovo numero di Panorama della Sanità: la carta dei diritti degli anziani consegnata da Monsignor Paglia a Mario Draghi si tratta “ di un’opportunità rivoluzionaria, ovvero di un fattore riformatore che, una volta avviato, originerà una rivoluzione nel Pianeta Salute nazionale. Per essere chiari: una eccezionale opportunità per l’Italia, per gli utenti, per la cooperazione”
Il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, Giuseppe Milanese, è intervenuto come di consueto sulle pagine del mensile Panorama della Sanità dedicando un intervento lucido e approfondito alla carta dei diritti degli anziani che Monsignor Paglia ha consegnato nelle mani del premier Mario Draghi lo scorso 1° settembre. “Un’opportunità rivoluzionaria nel Pianeta Salute nazionale”, la definisce Milanese, perché attua un rovesciamento del paradigma assistenziale alla Terza età. “C’è tutto il senso di una nuova umanità, c’è lo Stato che recupera lo spirito e la lettera della propria funzione originaria, che è quella di assicurare ai cittadini una convivenza virtuosa, c’è l’occasione di distillare sapienza e saggezza dai nostri anziani. E vi è anche la possibilità di consolidare il ruolo sussidiario della cooperazione al fianco – in posizione e condizione quindi di equa dignità – del Sistema Sanitario Nazionale e con una conseguenza di non poco conto: nuovi posti di lavoro, un potenziale aumento di oltre 110mila operatori specializzati necessari ad assistere un milione di utenti”, scrive ancora il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità.
Di seguito l’articolo integrale pubblicato sul numero di ottobre di Panorama della Sanità
Che faccia più rumore un albero che cade piuttosto che una foresta che cresce è, purtroppo, cosa acclarata. Ne ho avuto riprova compulsando le rassegne stampa della prima settimana di settembre. Certo, i quotidiani sono assediati da notizie (e bufale) che riguardano il Covid e i vaccini e il green pass e le opinioni di opinionisti in servizio permanente effettivo (poi mi ritornano alla memoria i versi di Montale: «Tale al Congresso il detto dell’egregio/ preopinante che mai mosse un dito/ per uscire dal gregge»). Tuttavia non mi è sembrato affatto fisiologico – e mi riferisco alla fisiologia dell’informazione – che sia passata pressoché inosservata una autentica notizia: cioè un fatto assolutamente degno di nota.
In realtà mi riferisco a qualcosa di ben più significativo di una notizia sottaciuta dalle colonne della cronaca: “Monsignor Paglia consegna a Draghi la carta dei diritti degli anziani”. Si tratta di una opportunità rivoluzionaria, ovvero di un fattore riformatore che, una volta avviato, originerà una rivoluzione nel Pianeta Salute nazionale. Per essere chiari: una eccezionale opportunità per l’Italia, per gli utenti, per la cooperazione.
Ho avuto la possibilità di leggere stralci del documento elaborato dalla Commissione ministeriale presieduta da Paglia e affidato al Presidente del Consiglio. Alcuni spunti di riflessione vanno evidenziati, su tutti, in vista di un plausibile (e auspicabile) dibattito nel Paese. Anzitutto, l’intestazione della «Carta»: «per i diritti delle persone anziane e i doveri della comunità». Stabilendo una relazione, anzi: questo preciso tipo di relazione, è come se si dissolvesse un equivoco da troppo tempo in piedi. Si chiarisce, certamente, nero su bianco che i nostri vecchi hanno dei diritti inalienabili, ciascuno declinato sul crinale della dignità umana; ma si statuisce anche che quei diritti esistono nella misura in cui la comunità in cui gli anziani vivono si assume la responsabilità di doveri altrettanto inalienabili. Qui risiede il «primum movens» di un cambio di passo storico, secondo cui gli anziani smettono di essere invisibili e guadagnano peso sociale, quella considerazione di cui godevano un tempo e che pian piano, col trascorrere dei decenni, è stata penosamente dismessa. Al bando quella che Papa Francesco ha saputo definire la «cultura dello scarto»; al via una rinnovata cultura del rispetto, dell’«I care», in soldoni del mi-importa-di-te-perché-hai-un-valore di cui l’intera società può beneficiare.
Da questo assunto discende la declinazione di un capovolgimento del modello di assistenza alla Terza età, che riconduce alla casa – la propria abitazione – il principale luogo di cura; che finalmente integra il sistema assistenziale sociale con quello sanitario e previdenziale; che raccorda soggetti utili e necessari (e ad oggi lasciati a briglia sciolta o addirittura l’un contro l’altro armati) in una sola architettura; che stabilisce un «continuum» assistenziale, in modo da fornire risposte appropriate a diverse esigenze di salute; che introduce la telemedicina come strumento fondamentale sottraendolo al ruolo taumaturgico e disconnesso a cui era stata fin qui relegata; che restituisce standard di dignità alla rete residenziale; che impone processi di autorizzazione e accreditamento, spazzando via opacità e corruttela in favore di trasparenza e legalità.
Non sono, notoriamente, abituato a toni altisonanti: e tuttavia, in questo paradigma che si alimenta praticamente rovesciando il precedente come un calzino, non c’è soltanto l’allineamento dell’Italia ai più alti standard occidentali; e non c’è neppure soltanto l’insperato salto di qualità nel trattamento della persona umana. C’è tutto il senso di una nuova umanità, c’è lo Stato che recupera lo spirito e la lettera della propria funzione originaria, che è quella di assicurare ai cittadini una convivenza virtuosa, c’è l’occasione di distillare sapienza e saggezza dai nostri anziani. E vi è anche la possibilità di consolidare il ruolo sussidiario della cooperazione al fianco – in posizione e condizione quindi di equa dignità – del Sistema Sanitario Nazionale e con una conseguenza di non poco conto: nuovi posti di lavoro, un potenziale aumento di oltre 110mila operatori specializzati necessari ad assistere un milione di utenti.
Noi avremo bisogno, a maggior ragione una volta che la pandemia sarà derubricabile a semplice doloroso ricordo, che le nuove generazioni possano crescere suggendo l’esperienza delle generazioni passate come linfa. Avremo bisogno, per citare una canzone che mi sta molto a cuore, che i bambini possano, «con voce sognante», invitare i nonni a raccontare altre fiabe.
Forse, grazie al lavoro degli esperti della Commissione Paglia, sarà possibile che accada.
Giuseppe Maria Milanese