L’assistenza primaria, ora più che mai. Una rete. Anzi: un sistema di reti. Sul territorio. È là che l’assistenza primaria deve organizzarsi. Medici, farmacisti e operatori delle forme sussidiarie del welfare. Insieme. “E la cooperazione è il modello societario migliore per queste forme territoriali di aggregazione”. Giuseppe Milanese ci crede. Ci crede a tal punto che, promettente ricercatore di malattie infettive e assistente di clinica medica all’Università di Tor Vergata a Roma, un giorno di 17 anni fa decise di mollare tutto per dedicarsi con altri due colleghi all’impresa cooperativa. “Nessuno avrebbe scommesso una lira su di noi – dice il presidente della Cooperativa OSA in una lunga intervista pubblicata sul numero di marzo di OSA News – il mio professore mi guardò con tristezza, come si guarda chi getta al vento la sua fortuna”. E com’è finita? “Fondammo OSA e oggi, da tre che eravamo, siamo 3.400”.
“La cooperazione – sottolinea il presidente della Cooperativa OSA e di FederazioneSanità -, essendo non profit, fornisce la garanzia massima al cittadino, che non si trova lasciato in balia di soggetti che potrebbero agire soprattutto o soltanto a fine di lucro. Nessuna demonizzazione, sia chiaro. Ma la cooperativa non prevede divisione dell’utile e ha uno scopo mutualistico, e in questo momento storico a me pare la scelta più opportuna. Dopo una fase in cui ha predominato l’individualismo, sostenuto da scelte meramente finanziarie da parte della politica, occorre tornare a costruire comunità”.
“Estremizzando, nella sanità, gli stessi ospedali potrebbero ripensarsi come cooperative, in cui tutti i soggetti si vedono e si sentono e sono effettivamente coinvolti, e partecipano alle sorti dell’azienda per la quale lavorano. Il mercato d’elezione della cooperazione sanitaria è infatti quello dei servizi per l’assistenza primaria della popolazione a livello territoriale e, in particolare, quello dell’assistenza domiciliare (Adi). Entrare nelle case delle persone in fase terminale richiede, oltre alla professionalità, una componente vocazionale che non è facile riscontrare fuori dalla cooperazione sociale”, aggiunge Milanese.
Settori in cui si avverte un enorme bisogno di intervento e che sono “di sicuro sviluppo, nei quali l’offerta pubblica è largamente carente rispetto a una domanda in espansione, in quanto sospinta da fattori demografici e sociali. Cronicità e disabilità, di ogni genere e natura, sono le sfide in tutto il mondo occidentale. Da un’emergenza assistenziale un’opportunità occupazionale. Un nuovo paradigma che consentirebbe di assistere i nostri anziani dando lavoro ai nostri giovani”.
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