Seyed Sadreddin Mohseni è ancora inIran quando viene travolto, insieme al proprio paese, nella terribile guerra contro l’Iraq che fino al 1988 ha devastato i paesi dell’antica Mesopotamia. Oppositore del regime dell’ayatollah Khomeyni, nel 1981 è costretto a espatriare arrivando in Italia come rifugiato politico. Durante la prima parte della propria vita Mohseni si è confrontato con condizioni di miseria e dolore che hanno costruito la vocazione che poi avrebbe perseguito per tutta la vita: aiutare gli altri.
Arrivato da poco in Italia, passa il test di ingresso alla facoltà di medicina dell’Università di Perugia presso la quale si laurea brillantemente. Dopo essere diventato medico si specializza a Chieti in reumatologia, una branca della medicina che lo cambierà profondamente, formandolo dal punto di vista professionale ma anche, e forse soprattutto, dal punto di vista umano. “Visitare e conoscere persone sofferenti – ha raccontato Mohseni a Osa News – mi ha consentito di sperimentare esperienze bellissime, aiutandomi a comprendere il vero senso della vita, proprio attraverso il dolore provato da pazienti. Può sembrare un paradosso, ma grazie a questo confronto sono arrivato a percepire la mia esistenza sotto una luce nuova, migliore”. Un cammino personale, questo, che Mohseni ha percorso anche grazie al lavoro svolto presso un centro di cure palliative in Svizzera. In questo paese si è anche formato una famiglia e ha avuto tre splendidi figli.
Dal 2008 la professionalità e l’umanità di Mohseni sono a disposizione degli assistiti della Residenza Bellagio, gestita dalla Cooperativa Osa, che ospita persone spesso molto anziane e con a volte problemi di comunicazione dovuti al morbo di Alzheimer. “Da quando lavoro con Osa – ha raccontato ancora Mohseni – ho radicato ancora di più la mia nuova percezione della realtà. Ho cominciato a considerare l’esistenza soprattutto dal punto di vista morale, mettendo in secondo piano i valori materiali. Ho compreso meglio il senso profondo dalla vita”.
Lavorare con gli anziani può essere un’esperienza in grado di arricchire profondamente. “Queste persone – ha concluso Mohseni –, a volte, non sono nemmeno in grado di spiegare esattamente il proprio disagio, non riescono a far capire al proprio medico se e quanto stiano provando dolore. La sensazione che si prova quando, grazie alla propria esperienza, si riesce a percepire lo stato di sofferenza e a lenire il disagio di un assistito così delicato è indescrivibile”.