Il presidente di Confcooperative Sanità e di OSA è intervenuto questa mattina confrontandosi sui nuovi approcci dell’assistenza sanitaria, dalle RSA alla domiciliarità

“Credo sia l’alba di un nuovo giorno che però bisogna affrontare con molta attenzione, perché ci sono cittadini che attendono risposte”. È il monito lanciato oggi dal presidente di Confcooperative Sanità e di OSA, Giuseppe Milanese audito in qualità di esperto insieme al Sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri e a Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani del Ministero della Salute, nell’intergruppo “Longevità prospettive socio-economiche”. Un consesso autorevole che questa mattina si è soffermato sui nuovi approcci legati all’assistenza sanitaria, dalle RSA alla domiciliarità. Il presidente Milanese ha messo sul tavolo, dati alla mano, dell’impietosa fotografia dell’assistenza domiciliare in Italia, ben lontana dalle medie europee. “Non è solo la frammentazione regionale ad essere un aspetto drammatico, accentuato ancor di più in questi ultimi tempi dal Covid, ma è la media nazionale delle ore di assistenza annue, 17, a costituire il vero dramma perché non costituisce assolutamente una presa in carico. Lo stesso si può dire dell’assistenza residenziale. Il continuum con la domiciliare al momento è tragico, specialmente al Sud, visto che l’offerta di residenzialità è concentrata tutta nelle regioni settentrionali”.

Uno scenario che ha prodotto quasi 2 milioni di badanti, spostato moneta dalle famiglie e portato 1 a 1 il rapporto tra queste figure e i professionisti sanitari, pubblici e privati. Occorre cambiare e il PNRR presentato dal Governo che concentra sui temi dell’assistenza 7 miliardi può rappresentare un volano importante per un nuovo paradigma dell’assistenza. Si deve partire dalla centralità della casa come luogo di cura, dal continuum assistenziale e dall’integrazione di tutti i livelli assistenziali, perché sviluppare l’Assistenza Domiciliare può rappresentare anche una grande opportunità in termini occupazionali. “Se noi passassimo dagli attuali anziani assistiti – 395mila per 17 ore con circa 3391 operatori dedicati – al target che ci ha dato il ministero, vale a dire 923mila, servirebbero 111mila professionisti. Dove li troviamo? È necessario avvalersi una figura professionale che è presente nel nostro ordinamento dal 2003: l’operatore socio sanitario specializzato. Per prendersi cura delle persone nelle loro case, serve infatti non solo una preparazione tecnico-professionale ma anche un approccio sociale, vocazionale”.

Attenzione però a come verranno distribuite le risorse del PNRR. “C’è bisogno di avere una visione di sistema quando arriveranno le risorse, costruire l’acquedotto prima che l’acqua si disperda in mille rivoli. Per questo è valido quello che noi abbiamo chiamato come il paradigma delle 5R. Una macchina a 5 ruote che sono una regia unica che detti le regole d’ingaggio, chiare ed omogenee, evitando così una sanità a velocità. Ruoli chiari e definiti per una netta distinzione tra committenza, necessariamente pubblica, ed erogazione, affidata a soggetti sia pubblici che privati in competizione tra loro. E poi ancora la strutturazione di percorsi assistenziali integrati, le reti multiprofessionali, in un quadro di partnership con il SSN e il rigore nella misurazione per valutare in termini di qualità gli outcome di salute”.

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